Ricominciare dal “Primo Giorno”

 2^ – Tempo libero, divertimento, festa.

 

Possiamo definire tempo libero quella quota di tempo – giornaliero, settimanale, mensile o annuale – esente da impegni lavorativi e dunque disponibile per impieghi liberamente scelti. Esso nasce e si afferma a partire dalla rivoluzione industriale (fine 800 e inizio 900), con la comparsa del lavoro salariato nelle fabbriche e con la contrapposizione tra tempo-luogo di lavoro e tempi-luoghi della quotidianità. I suoi ritmi non seguono più quelli dettati dal lavoro agricolo e artigianale, basati sulla naturale successione delle stagioni e sull’avvicendamento del giorno e della notte (alterato peraltro anche dal crescente uso dell’illuminazione elettrica), ma quelli imposti dall’utilizzo delle macchine e dalle esigenze della produzione.

Con la trasformazione socio-culturale seguita al Sessantotto, il tempo libero è diventato prevalentemente tempo del divertimento, impiegato cioè come evasione dal peso del lavoro o delle varie incombenze della vita. Anche la Domenica viene attesa e vissuta come giorno settimanale di svago e, per molti giovani, di sballo.

Ma il divertimento non fa la festa! E nella condizione postmoderna, ricca di divertimenti, non si riesce più a vivere la Domenica come tempo della festa.

La festa infatti è la celebrazione di qualcuno che ti sta a cuore: il compleanno di …, il Cristo risorto, il Santo patrono, la Patria (Festa della Repubblica), lo sposalizio di …, ecc. In altre parole, la festa celebra sempre una relazione “affettiva” condivisa: da una famiglia, da un gruppo, da un popolo. Ma oggi queste relazioni, che un tempo rappresentavano il tessuto unitivo dei molti, sono state logorate dallo scetticismo verso il sentire comune e dal conseguente diffuso individualismo. Si è così diventati incapaci di gioire insieme per qualcosa di vitale che ci accomuna perché dà senso pieno al nostro vivere. Non ci sono più sentimenti belli da festeggiare, ma solo il divertimento per evadere dalla leggerezza della vita diventata insostenibile[1].

 

 

(continua…)

Sac. Antonio Salone

 

 

[1] Parafrasi mia del famoso romanzo di M. Kundera (recentemente scomparso) intitolato: L’insostenibile leggerezza dell’essere.

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